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PAPI E BEATI - PAPA GIOVANNI PAOLO II - RITORNO AL PADRE

GLI ULTIMI ATTI DEL PONTIFICATO

Le condizioni di salute hanno impedito al Santo Padre di partecipare a molte delle celebrazioni liturgiche rituali e ad alcuni incontri in programma nei primi mesi del 2005.
All'Angelus della prima domenica del 2005, il pensiero del Papa è andato alle popolazioni del sud-est asiatico, colpite dal maremoto del 26 dicembre 2004.
"La fede ci insegna che anche nelle prove più dolorose, come la tragedia che ha colpito l'Asia, Dio non ci abbandona mai".
Così, Giovanni Paolo II, in una piazza San Pietro gremita, ha ribadito che il messaggio evangelico dà fondamento alla speranza. Il Papa ha rinnovato la sua vicinanza alle popolazioni afflitte dal maremoto e ha sottolineato come nel mistero del Natale, Dio è "venuto a condividere la nostra esistenza". All'inizio del nuovo anno, ha così invocato la Madre del Signore affinché ci aiuti "a fare nostro questo programma di vita".
Dal 18 al 25 gennaio si è svolto un altro evento particolarmente caro al Pontefice: la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, iniziativa nata nel 1908, che vede cattolici, ortodossi e protestanti impegnati in momenti di preghiera e di riflessione sulla via dell'ecumenismo. Il tema scelto per la Settimana di preghiera del 2005 è "Cristo, unico fondamento della Chiesa", proposto dalle Chiese della Slovacchia.
La Settimana di preghiera si è conclusa con la recita dei Vespri, svoltasi presso la basilica di San Paolo fuori le Mura, celebrata a nome del Santo Padre dal cardinale Walter Kasher.
La settimana si è svolta a pochi mesi di distanza dal quarantesimo anniversario del decreto Unitatis Redintegratio promulgato dal Concilio Vaticano II e nella "consapevolezza che l'unità è in primo luogo un dono di Dio da implorare senza stancarsi nell'umiltà e nella verità".
Giovanni Paolo II ha ricordato come " il desiderio dell'unità va estendendosi e si approfondisce toccando ambienti e contesti nuovi, suscitando fervore di opere, iniziative, riflessioni. Anche recentemente il Signore ha concesso ai suoi discepoli di realizzare importanti contatti di dialogo e di collaborazione. Il dolore della separazione si fa sentire con sempre più viva intensità, davanti alle sfide di un mondo che attende una testimonianza evangelica chiara e unanime da parte di tutti i credenti in Cristo".

IL MALE MORALE E LE SUE RADICI NELL'ULTIMO LIBRO "MEMORIA E IDENTITÀ"

Il 22 marzo 2005 è stato presentato il quinto libro di Giovanni Paolo II dal titolo Memoria e identità. Conversazione a cavallo dei millenni che verrà stampato in 14 edizioni e tradotto in 11 lingue.
Il volume si articola in 26 brevi capitoli concernenti: il male, la libertà, la patria, la democrazia, l'Europa e un epilogo sull'attentato del 13 maggio 1981.
Memoria e identità prende spunto da una serie di conversazioni tenute nel 1993 dal Santo Padre con due filosofi polacchi (Jòzef Tishner e Krzystof Michalski, fondatori dell'Istituto di scienze umane di Vienna), riflessioni che sono state poi trascritte e approfondite nel corso degli anni. I primi tre capitoli vertono sulle conseguente aberranti dei totalitarismi partendo dalla propria personale esperienza prima di studente poi di sacerdote nella Polonia del XX secolo.
Giovanni Paolo II mostra la storia dell'uomo come una sorta di teatro su cui si muovono il bene e il male, risultando misterioso (sul piano della ragione puramente umana), come il primo, sviluppandosi e crescendo sullo stesso terreno del male non riesca tuttavia ad annientarlo; per fornire una prima spiegazione il Pontefice evoca la parabola evangelica della zizzania focalizzando quale figura risolutrice il Cristo misericordioso, Redentore dell'uomo.
Negli anni il Pontefice maturò la convinzione che le ideologie del male (nella fattispecie, nazismo e comunismo) derivino dalla storia del pensiero filosofico europeo, in particolare dell'Illuminismo francese, o ancor meglio, dalla rivoluzione cartesiana del pensiero filosofico che, con il cogito ergo sum, pose in secondo piano l'esse, fondamento della filosofia tomistica; egli avvicina la situazione in Polonia dopo l'avvento del marxismo con ciò che accadde in Europa occidentale con il periodo illuminista: il pensiero del Dio della Rivelazione, Dio misericordioso, aveva cessato di essere a discapito del pensiero di Dio, puro contenuto della coscienza umana.
In tal modo, dice Giovanni Paolo II, cessò anche la base di "filosofia del male" potendo questo esistere solo in relazione al Bene sommo. L'uomo rimase dunque solo artefice della propria storia e della propria civiltà, l'unico in grado di decidere cosa fosse buono o cattivo con le conseguenze derivanti.
Dice inoltre in un passo Karol Wojtyla: "A guerra finita, pensavo tra me: il Signore Dio ha concesso al nazismo dodici anni di esistenza e dopo dodici anni quel sistema è crollato [...] se il comunismo è sopravvissuto più a lungo e se ha ancora dinanzi a sé, pensavo allora tra me, una prospettiva di ulteriore sviluppo, deve esserci un senso in tutto questo [...]. Ciò che veniva fatto di pensare era che quel male fosse in qualche modo necessario al mondo e all'uomo. Succede, infatti, che in certe situazioni dell'esistenza umana il male si riveli in qualche misura utile, in quanto crea occasioni per il bene."
Il Papa si sofferma inoltre su una contemporanea ideologia del male, per certi aspetti ancora più pericolosa perché dissimulata dal rispetto per i diritti dell'uomo: "permane tuttavia lo sterminio legale degli esseri umani concepiti e non ancora nati [...] sterminio deciso addirittura da Parlamenti eletti democraticamente [...]. Penso, ad esempio, alle forte pressioni del Parlamento europeo perché le unioni omosessuali siano riconosciute come una forma alternativa di famiglia."
Il Pontefice non ha dubbi: ciò è successo "perché è stato respinto Dio quale Creatore, e perciò quale fonte della determinazione di ciò che è bene e di ciò che è male." Il capitolo conclusivo di Memoria e identità, Qualcuno aveva guidato quel proiettile tratta dell'attentato del 1981 interpretandolo sì come "una delle ultime convulsioni della ideologia della prepotenza", ma soprattutto nell'ottica della Croce di Cristo, una sofferenza senza colpa che brucia e consuma il male con la fiamma dell'amore e trae anche dal peccato una multiforme fioritura di bene.

GLI ULTIMI RICOVERI

Il 2005 si è rivelato subito un anno assai difficile per la salute del Pontefice: già negli ultimi giorni di gennaio l'influenza e la successiva ricaduta hanno provocato problemi respiratori che hanno determinato un ricovero al Policlinico Gemelli (1° febbraio).
Le conseguenze del virus hanno causato una laringo tracheite acuta con spasmo della laringe; il disturbo, impedendo l'afflusso di aria ai polmoni per qualche secondo ha creato una terribile sensazione di soffocamento, che in qualche misura è stata contenuta, dato che il 6 febbraio Giovanni Paolo II ha letto una parte dell'Angelus dalla propria camera del Gemelli.
Dopo dieci giorni di degenza il Pontefice è ritornato nel suo appartamento vaticano con la papamobile; ma le condizioni del Santo Padre tuttavia non sembrano migliorare, tanto che il 23 febbraio il Santo Padre ha rivolto alcune riflessioni quaresimali dalla propria biblioteca privata in collegamento con l'aula Paolo VI e piazza San Pietro e il giorno seguente è stato costretto a un nuovo ricovero al Policlinico, dove la sera stessa gli è stata praticata una tracheotomia.
Dopo l'operazione, la degenza si è prolungata, anche se il Santo Padre si è affacciato alla sua finestra benedicendo e tentando di pronunciare qualche parola che non è stata percepita.
Il 27 febbraio il testo dell'Angelus è stato recitato da monsignor Sandri dal sagrato di piazza San Pietro; il cardinale ha impartito anche la benedizione apostolica ai fedeli presenti. Finalmente il 13 marzo il Santo Padre ha benedetto e pronunciato qualche parola, tornando quindi in Vaticano. Il 16 marzo si è affacciato alla finestra del proprio studio salutando i fedeli per la prima di una serie di uscite silenziose che hanno caratterizzato le due ultime settimane di vita del Santo Padre.
La domenica delle Palme (20 marzo, dopo la celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Ruini) Giovanni Paolo II ha agitato un ramoscello d'ulivo dalla sua finestra, mentre il rito della Lavanda dei piedi del giovedì santo è stato officiato dal cardinale Alfonso Lopéz Trujillo e seguito dal Pontefice in televisione; la veglia pasquale è stata celebrata dal cardinale Joseph Ratzinger e la celebrazione della domenica di Resurrezione è stata affidata a monsignor Sodano.
Il 31 marzo è insorta una febbre acuta causata da un'infezione all'apparato urinario, ma per espressa volontà del Papa non viene ricoverato in ospedale; dopo il posizionamento di un sondino gastrico nasale per favorire l'apporto nutritivo le notizie di un progressivo indebolimento si sono susseguite attraverso i mezzi di comunicazione.
All'alba del 2 aprile il portavoce vaticano ha parlato di parametri biologici "notevolmente compromessi da un'ingravescente ipotensione arteriosa in un quadro clinico di insufficienza cardio-circolatoria e renale".
Pasqua 2005: la sofferenza e la rabbia del papa nel tentativo di parlare ai fedeli


SORELLA SOFFERENZA: IL CALVARIO DEL PAPA DAL 1981 AL 2005

Giovanni Paolo II, pur nella tradizionale riservatezza del Vaticano, è il Papa sulla cui salute c'è stata più informazione.
La sofferenza è stata il segno saliente del suo pontificato: i mali gli sono caduti addosso inesorabili. Prima l'attentato, poi le infezioni, le cadute, il tumore, il Parkinson con tutte le complicazioni progressive arrivate fino a invalidargli la parola.
Il Pontefice ha vissuto tutto questo secondo il detto di San Paolo: "Se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno".
Alcuni hanno trovato nella sua infanzia le radici della sua cognizione del dolore: una sorellina gli morì prima che nascesse, poi perse in pochi anni la madre, un fratello e il padre. La guerra si portò via altri suoi cari amici. Ventiquattrenne venne investito da un camion e sopravvisse miracolosamente.
Da Pontefice toccò a lui portare la croce e il suo corpo divenne segno dell'Agnus Dei che toglie i peccati del mondo. Per Giovanni Paolo II il dolore era rivelazione di Dio per lui, e sua per il mondo.
Nel maggio 1994, rientrato in Vaticano dopo uno dei suoi innumerevoli ricoveri, all'Angelus domenicale disse: "Adesso ho capito come dovrò introdurre la Chiesa nel terzo millennio. Con la sofferenza. Con l'attentato e con questi sacrifici nuovi venuti poi. Deve soffrire il Papa. Deve essere aggredito dal male, perché il mondo veda che c'è un Vangelo superiore, in Vangelo della sofferenza, con cui si deve preparare il futuro, il terzo millennio. Vorrei dire a tutti: capitelo perché il Papa soffre, capitelo".
Di fatto il mondo ha visto, ha rispettato e ammirato fino alla fine questo Papa dolente, dentro e fuori i confini cristiani. Ha assistito alle difficoltà di movimento e di parola, agli alti e bassi della sua forma fisica, alle improvvise "indisposizioni" e soprattutto alla lotta da parte di un uomo che non ha nascosto sintomi ed effetti della malattia.
Molti hanno affermato che proprio il suo star male ha offerto un'altissima testimonianza di forza interiore e di fede.

La via crucis dell'atleta di Dio

Il 13 maggio 1981 il Pontefice viene ferito all'addome dal turco Mehmet Alì Agca che gli spara in piazza San Pietro. La convalescenza durerà mesi, anche se l'ospedale lo dimette nel giro di due settimane. Uno strascico dell'intervento è un'infezione virale contratta con le trasfusioni di sangue durante l'operazione di emergenza.
Il 5 agosto Giovanni Paolo II viene sottoposto a un'altra piccola operazione.
Il 15 luglio 1992 il Papa torna al Gemelli per essere sottoposto a un impegnativo intervento chirurgico per l'asportazione di una massa piuttosto voluminosa posta nell'intestino. La natura maligna del tumore viene esclusa. Nell'occasione Giovanni Paolo II subisce anche un intervento alla cistifellea, per la presenza di alcuni calcoli.
Nel 1992 cominciano a evidenziarsi sintomi inconfondibili del morbo di Parkinson: la mano sinistra del Papa comincia a tremare, la muscolatura facciale si irrigidisce e assume la maschera tipica del morbo. Con il passare del tempo, appaiono sintomi secondari, come difficoltà nel pronunciare le parole, problemi respiratori e un atteggiamento esitante.
L'11 novembre 1993, durante un'udienza in Vaticano, Giovanni Paolo II cade, provocandosi una lussazione alla spalla destra. Anche questo banale incidente fa fiorire ipotesi drammatiche: si parla di cali di pressione, di svenimenti e di perdite temporanee di memoria.
Il 29 aprile 1994 il Papa scivola in bagno e si frattura il femore destro. Il Pontefice viene sottoposto a un intervento chirurgico durante il quale gli viene sostituita la testa del femore con una protesi. Per oltre un anno il Pontefice camminerà appoggiandosi a un bastone e sarà costretto a rinunciare a sciare, il suo sport preferito, e dovrà annullare un viaggio negli Stati Uniti programmato per ottobre.
Il 25 dicembre 1995, per la prima volta dall'inizio del pontificato, Giovanni Paolo II manca alla messa di Natale: è colpito dall'influenza, e la complicazione intestinale di quell'infezione lo costringerà a interrompere, quel giorno stesso, un discorso televisivo in diretta.
Pochi mesi dopo un'affezione febbrile di natura intestinale lo ferma per due settimane. Lo stesso disturbo lo affliggerà anche in agosto di quell'anno, e ancora una volta saranno annullati gli impegni pubblici del Papa. In ottobre sarà eseguita l'operazione chirurgica di appendicectomia.
Dopo il 1996 il Parkinson gli provocherà una invalidità progressiva che si manifesta apertamente con un tremore sempre più accentuato alla mano, tanto che nel 2001 fu inventato una specie di leggio mobile, da appoggiare sui braccioli della sua poltrona, per tenere fermi i fogli dei discorsi.
Dal febbraio 2002 viene colpito al ginocchio destro da una forte artrosi che rende molto difficoltosa la deambulazione. Nell'ottobre 2003, durante la settimana di festeggiamenti per il 25° anniversario della sua elezione al pontificato, il Papa appare vistosamente debole, ha difficoltà di parola e non cammina più in pubblico sulle sue gambe.
Nel febbraio 2005 il Papa viene nuovamente ricoverato al Gemelli dove rimarrà per 18 giorni.
Papa Wojtyla nella sua stanza dell’ospedale Gemelli durante l’ultimo ricovero


Un’immagine di papa Giovanni Paolo II durante il suo ultimo ricovero in ospedale


LE ULTIME PAROLE DEL PAPA AI GIOVANI: "VI HO CERCATO, SIETE VENUTI DA ME, E PER QUESTO VI RINGRAZIO"

Ancora una volta i giovani con la loro presenza massiccia, vibrante hanno voluto essere vicini nel momento più difficile della sua vita a quel Papa-papà che hanno amato appassionatamente e da cui sono stati essendone appassionatamente ricambiati. E a loro Giovanni Paolo II ha rivolto il suo ultimo messaggio: "Vi ho cercato, siete venuti da me, e per questo vi ringrazio".
Sentendosi chiamati e scelti a un rapporto speciale testimoniato da una agenda fittissima di incontri, lettere, messaggi, udienze, Angelus, il popolo dei "papaboys" ha voluto ancora una volta mostrare quel legame speciale che da sempre li ha legati indissolubilmente a Giovanni Paolo II che a sua volta li ha indicati come "forza e speranza del futuro".
Così una lunga notte di veglia, dentro la basilica di San Giovanni e fuori, nel grande prato-sagrato palcoscenico di tanti appuntamenti della politica secolare, è diventata occasione di verifica di quel legame e di non poche domande sul futuro delle "giovani sentinelle del mattino". Una veglia intervallata da canti, da applausi, dal nome "Giovanni Paolo" scandito e accompagnato dal battito delle mani.

GIOVANNI PAOLO II E I GIOVANI, UN TRATTO DISTINTIVO DEL PONTIFICATO

I giovani sono stati la vera passione di Giovanni Paolo II: un amore e un rispetto contraccambiato da milioni di ragazze e ragazzi che hanno sempre accompagnato allegramente l'intenso percorso pastorale di questo pontificato. Una partecipazione e un affetto che ha sorpreso per le dimensioni e per l'intensità anche i più scettici osservatori.
Le Giornate mondiali della Gioventù sono state un appuntamento fisso e un'occasione per lanciare messaggi e invitare alla riflessione. Ma come sono nate le Giornate mondiali della Gioventù?
"Nessuno ha inventato le Giornate mondiali dei Giovani. Furono proprio loro a cercarle. Non è vero che è il Papa a condurre i giovani da un capo all'altro del globo terrestre. Sono loro a condurre lui". Così Giovanni Paolo II rispose a una domanda sull'origine delle Giornate mondiali della Gioventù nel libro-intervista con Vittorio Messori Varcare le soglie della speranza (1994).
Tutto nasce dalla straordinaria risposta dei giovani all'invito del Papa a partecipare a un incontro "di preghiera, di condivisione, di conversazione e di letizia", in occasione del Giubileo internazionale dei giovani nell'Anno Santo del 1983-84.
Nel 1985, l'Organizzazione delle Nazioni Unite indice l'Anno Internazionale della Gioventù e il Santo Padre rinnova l'appuntamento in piazza San Pietro per la domenica delle Palme. L'afflusso di giovani è sorprendente. A Roma si ritrovano più di 250.000 persone provenienti da ogni parte del mondo.
Il successo dell'iniziativa porta rapidamente all'istituzione ufficiale delle Giornate mondiali della Gioventù che rappresentano, secondo le intenzioni del Papa, dei "momenti di sosta in cui è possibile alimentare la fede attraverso l'incontro con coetanei di altri Paesi e il confronto delle rispettive esperienze".
Le Giornate si celebrano di regola in due forme: ogni anno nelle Chiese locali e con il Papa a Roma, la domenica delle Palme; ogni due anni con raduni internazionali, in un luogo sempre diverso, con un programma che tende a toccare tutti i continenti. La città per i raduni internazionali viene di volta in volta scelta dal Santo Padre, il quale di consueto ne dà l'annuncio la Domenica delle Palme dell'anno precedente, oppure alla conclusione del raduno internazionale precedente.
Alla prima Giornata "ufficiale", che si svolse il 23 marzo del 1986, domenica delle Palme, nelle diocesi di tutto il mondo, sono seguiti incontri che hanno toccato ogni angolo del pianeta: Buenos Aires (Argentina) nel 1987, Santiago de Compostela (Spagna) nel 1989, Czestochowa (Polonia) nel 1991, Denver, Colorado (Stati Uniti) nel 1993, Manila (Filippine) nel , Parigi (Francia) nel 1997, Roma (Italia) nel 2000, Toronto (Canada) nel 2002.
Milioni di giovani hanno preso parte a questi appuntamenti in cui, tutti insieme, hanno avuto l'occasione di proclamare con gioia la loro fede in Cristo. Il Papa li ha sempre accompagnati e guidati e questa è la sua grande testimonianza: "Nel corso degli indimenticabili incontri mondiali, l'amore gioioso e spontaneo dei giovani verso Dio e verso la Chiesa mi ha spesso commosso. Essi hanno raccontato storie di sofferenza per il Vangelo, di ostacoli apparentemente insormontabili superati con l'aiuto divino; hanno parlato della loro angoscia di fronte a un mondo tormentato dalla disperazione, dal cinismo, dai conflitti. Dopo ogni incontro, ho sentito più vivo il bisogno di lodare Dio che rivela ai giovani il segreto del suo Regno".
Un primo piano di papa Giovanni Paolo II


La Croce dell'Anno Santo

Una presenza fissa dei raduni internazionali dei giovani è la Croce dell'Anno Santo che il Papa ha donato ai giovani del mondo intero radunati a Roma il giorno delle Palme del 1984 alla chiusura dell'Anno Santo della Redenzione. Da quella data la croce ha peregrinato in tutti i Paesi che hanno ospitato i grandi raduni dei giovani nei diversi paesi e specialmente alle giornate mondiali della Gioventù, percorrendo circa 90.000 km, che equivale a due volte il giro del mondo.
Giovanni Paolo II ha voluto che la Croce dell'Anno Santo fosse un segno dell'amore del Signore per i giovani del mondo intero. La targa posta sulla croce recita: "Portatela nel mondo come segno dell'amore del Signore Gesù per l'umanità, e annunciate a tutti che non vi è salvezza e Redenzione che nel Cristo morto e risuscitato". Segno della vita e dell'amore offerto, la croce di Cristo c'invita all'azione di grazia. Segno di redenzione, di guarigione, la croce di Cristo c'invita a confessare la nostra fede.
Segno della radicalità dell'amore di Dio e della chiamata del Cristo, la croce c'invita a una conversione molto profonda.
Segno di universalità e di unità, la croce di Cristo c'invita alla solidarietà.
Molti testimoniano che l'amore di Cristo per loro, manifestato fino all'estremo e significato da questa Croce dell'Anno Santo, ha donato loro il coraggio di andare oltre, di prendere delle decisioni nello spirito del Cristo e in coerenza con il Vangelo.
Nella giornata delle Palme del 2001, la croce della GMG è stata consegnata dal Papa e dai giovani italiani a una delegazione canadese ed è arrivata ad Ottawa l'11 aprile del 2001, per cominciare il suo lungo pellegrinaggio in Canada. Ha percorso 25.000 chilometri su voli cargo, aerei turistici, camion, trattore, nave, peschereccio e addirittura su slitte trainate da cani.
Ad Ovest è arrivata fino a Whitehorse (Yukon), ad Est fino a Signal Hill in St.John's (Newfoundland) e fino al Nord più estremo a Inuvik (Nunavut), che è sul 67° parallelo. Fino ad ora ha visitato oltre 200 città, piccoli centri e paesi sparsi in tutte le regioni tra cui le Maritimes, il Quebec, l'Ontario, il Far North, la British Columbia, l'Alberta, Saskatchewan e Manitoba. I giovani canadesi hanno portato la croce ovunque, non solo nelle chiese parrocchiali, ma anche in luoghi dove di solito non si è abituati ad incontrare Dio, come centri di detenzione minorile, prigioni, scuole, università, siti storici, centri commerciali, strade centrali delle città, discoteche e parchi. Questo lungo cammino ha toccato anche New York. Il febbraio del 2002 la croce è arrivata a Ground Zero, teatro dell'azione terroristica più devastante di tutti i tempi.
Nel mese di aprile la torcia olimpica della GMG è arrivata a Montreal, capoluogo della provincia del Quebec. Dopo cinque giorni è iniziata la fase finale del pellegrinaggio: gruppi di giovani si sono alternati lungo il fiume San Lorenzo e il Lago Ontario e hanno raggiunto a piedi Toronto, dove la croce rimarrà fino alla conclusione della GMG e da dove partirà per il Paese ospite dell'incontro mondiale del 2005. Il cammino della Croce, quindi, continua come quello dei giovani.

L'ANSIA DELLA POLONIA

Alle prime notizie sull'aggravarsi delle condizioni di salute del Papa la Polonia si è fermata in preghiera. La Chiesa polacca ha invitato i fedeli alla calma, condividendo la tristezza del premier polacco, Marek Belka, per non poter ''proteggere'' l'illustre concittadino o ''aiutarlo di più''. Si è pregato per il Pontefice nei grandi santuari del culto mariano, da lui più volte visitati, in particolare a Czestochowa, nel sud della Polonia, sede del monastero di Jasna Gora dove si venera la celebre icona della Madonna Nera e dove spesso Karol Wojtyla si è recato in meditazione.
A Wadowice, la città natale del Pontefice, alla vigilia della morte del suo illustre concittadino, la gente si è riunita nella chiesa dove Papa Karol Wojtyla ricevette il battesimo.
Le preghiere per il Papa sono state recitate anche davanti all'immagine sacra della Madonna di Kalwaria Zebrzydowska, il santuario frequentato da Wojtyla prima in compagnia del padre e del fratello Edmund e poi come vescovo di Cracovia.
Le messe per la salute del Santo Padre sono state celebrate anche nel santuario mariano Krzeptowki di Zakopane fra le montagne Tatra, così care al Papa. A Cracovia, dove Wojtyla fu arcivescovo e abitò fino all'elezione pontificia dell'ottobre 1978, s'invoca l'intercessione di Maria.

QUELLA LUCE CHE SI SPEGNE

Giovanni Paolo muore alle 21.37 del giorno 2 aprile 2005 nel suo appartamento del Palazzo Apostolico Vaticano.
Terminava così l'esistenza terrena il 264° successore di Pietro, Giovanni Paolo Il Grande (come ricordava l'omelia pronunciata dal cardinale Sodano il giorno seguente, solennità della Divina Misericordia), un uomo che "per 26 anni ha portato in tutte le piazze del mondo il Vangelo della speranza cristiana".
Con l'istituzione dell'Anno della Redenzione, dell'Anno Mariano e dell'Anno dell'Eucaristia ha promosso il rinnovamento spirituale della Chiesa, imprimendo una spinta straordinaria alle beatificazioni e canonizzazioni, fonte di incitamento per il cristiano del nostro tempo, lasciando a tutti una mirabile testimonianza di pietà, di vita santa e di paternità universale.
L'annuncio ufficiale del decesso è stato quindi dato dal cardinale vicario Camillo Ruini; circa minuti dopo il corpo del Pontefice è stato trasferito presso la Sala Clementina, dove i rappresentanti dello Stato italiano e gli ufficiali diplomatici vaticani, alla presenza delle telecamere, hanno reso un commosso omaggio alla salma.
Giovanni Paolo II, coricato su un catafalco rialzato rivestito di velluto, indossava i vestimenti bianchi, la casula rossa e il pallio (una striscia di lana bianca con croci nere), simbolo di dignità, e la mitria vescovile; il suo capo posava su un guanciale dorato, le braccia erano incrociate e il pastorale era adagiato sotto il braccio sinistro.
Due guardie svizzere affiancavano il defunto, dietro al quale s'innalzava un crocifisso ligneo, mentre sulla destra ardeva il cero pasquale.
Alle 9.30 della domenica in Albis seguente si è svolto invece il rito della constatazione di morte, compito del cardinale Camerlengo Eduardo Martínez Somalo, che ha dovuto inoltre sfilare dal dito del defunto l'anello del pescatore, tagliandolo quindi in presenza dei cardinali; sempre sua l'incombenza della distruzione del sigillo plumbeo (avvenuta il 17 aprile, alla vigilia del Conclave) tramite un martello apposito, per assicurare che nessuno se ne possa più servire, come previsto dalla Universi dominici gregis.
Secondo le dichiarazioni del direttore della Sala stampa della Santa Sede, Joaquín Navarro-Valls, al momento del decesso erano presenti presso gli appartamenti di Giovanni Paolo II i due segretari personali del Santo Padre, l'arcivescovo Stanislaw Dziwisz e monsignor Mieczyslaw Mokrzycki, il cardinale Marian Jaworski, l'arcivescovo Stanislaw Rylko, padre Tadeusz Styczen; le tre suore polacche Ancelle del Sacro Cuore di Gesù, che prestavano servizio nell'Appartamento, guidate dalla loro superiora madre Tobiana Sobódka, il medico personale del Papa, dottor Renato Buzzonetti, con i due medici di guardia (i dottori Alessandro Barelli e Ciro D'Allo) e i due infermieri di guardia.
Subito dopo è giunto il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, il Camerlengo di Santa Romana Chiesa, Eduardo Martínez Somalo, il sostituto alla segreteria di Stato, arcivescovo Leonardo Sandri, il vice-Camerlengo, arcivescovo Paolo Sardi; successivamente il cardinale Joseph Ratzinger, decano del collegio cardinalizio e il cardinale Jozef Tomko.
Appena ricevuta la notizia della morte del Sommo Pontefice, il Camerlengo di Santa Romana Chiesa ha dovuto accertare ufficialmente la morte del Pontefice alla presenza del maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, dei prelati chierici e del segretario e cancelliere della stessa Camera Apostolica, il quale ha compilato il documento o atto autentico di morte.
Il Camerlengo, inoltre, ha dovuto apporre i sigilli allo studio e alla camera del Pontefice, disponendo che il personale abitualmente dimorante nell'appartamento privato vi potesse restare fino a dopo la sepoltura del Papa, quando l'intero appartamento pontificio sarebbe stato sigillato; comunicarne la morte al cardinale Vicario per l'Urbe, il quale ne ha dato notizia al popolo romano con speciale notificazione e parimenti al cardinale arciprete della basilica vaticana; prendere possesso del Palazzo Apostolico Vaticano e dei Palazzi del Laterano e di Castel Gandolfo, ed esercitarne la custodia e il governo; stabilire, uditi i cardinali capi dei tre ordini, tutto ciò che concerne la sepoltura del Pontefice, a meno che questi, da vivo, non avesse manifestato la sua volontà a tale riguardo; curare, a nome e col consenso del collegio dei cardinali, tutto ciò che le circostanze avessero consigliato per la difesa dei diritti della Sede Apostolica e per una retta amministrazione di questa.
È infatti compito del Camerlengo di Santa Romana Chiesa, in periodo di Sede Vacante, curare e amministrare i beni e i diritti temporali della Santa Sede, con l'aiuto dei tre cardinali assistenti, premesso, una volta per le questioni meno importanti, e tutte le volte per quelle più gravi, il voto del collegio dei cardinali.
2 aprile 2005: la folla in piazza San Pietro in attesa di notizie sulla salute del papa


La salma di papa Giovanni Paolo II esposta nella sala Clementina, in Vaticano


L'ULTIMO MESSAGGIO ALLA CHIESA

Particolarmente commovente le poche righe lasciate dal Pontefice e lette al termine della celebrazione eucaristica della seconda domenica di Pasqua (3 aprile 2005), solennità della Divina Misericordia (fortemente voluta da Giovanni Paolo II) dal cardinale Angelo Sodano.
Tra i capoversi esposti prima del Regina Coeli dal sostituto della segreteria di Stato, arcivescovo Leonardo Sandri, spiccava in particolare un passo: "All'umanità, che talora sembra smarrita e dominata dal potere del male, dell'egoismo e della paura, il Signore risorto offre in dono il suo amore che perdona, riconcilia e riapre l'animo alla speranza. È amore che converte i cuori e dona la pace. Quanto bisogno ha il mondo di comprendere e di accogliere la Divina Misericordia!".
Come non vedere in questo un atto di incoraggiamento a un gregge smarrito, che ai presenti ha evocato ciò che proprio Giovanni Paolo II aveva voluto come "slogan" per la Giornata mondiale della Pace, celebrata il 1° gennaio: "Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male [...]. Nessun uomo, nessuna donna di buona volontà può sottrarsi all'impegno di lottare per vincere con il bene il male. È una lotta che si combatte validamente soltanto con le armi dell'amore. Quando il bene vince il male, regna l'amore e dove regna l'amore regna la pace". La celebrazione è stata scandita da undici applausi, che una folla commossa ma composta ha voluto tributare al proprio pastore ogni qualvolta la sua immagine o il suo nome compariva sul maxischermo; una cerimonia vissuta in raccoglimento e in silenzio in una piazza costellata dai colori delle bandiere dei diversi Paesi di provenienza dei fedeli.
Testimonianze d’affetto lasciate dai fedeli in piazza San Pietro per il papa scomparso


IL TESTAMENTO DI GIOVANNI PAOLO II

"Vegliate perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà". Inizia così, con un passo del Vangelo di Matteo, il testamento spirituale di Giovanni Paolo II. La prima parte del documento di otto cartelle - vergato a più riprese negli anni del pontificato, durante o dopo la sosta degli esercizi spirituali della Quaresima - porta la data del 6 marzo del 1979.
Non so quando verrà il momento della morte, scrive il Santo Padre, "ma come tutto, anche questo momento depongo nelle mani della Madre del mio Maestro: Totus tuus.
Nelle stesse mani materne - prosegue l'invocazione del Pontefice - lascio tutto e tutti coloro con i quali mi ha collegato la mia vita e la mia vocazione. In queste mani lascio soprattutto la Chiesa e anche la mia nazione e tutta l'umanità. Ringrazio tutti. A tutti chiedo perdono".
Il Papa, che spiega di aver iniziato a scrivere il suo testamento dopo aver letto quello di Papa Paolo VI, chiede la preghiera dei fedeli "affinché la Misericordia di Dio si mostri più grande della mia debolezza e indegnità".
Giovanni Paolo II sottolinea che non lascia "alcuna proprietà di cui sia necessario disporre". Stabilisce poi che gli "appunti personali siano bruciati" e subito dopo ringrazia il suo segretario, mons. Stanislaw Dziwisz per la "collaborazione e l'aiuto così prolungato negli anni e così comprensivo". E aggiunge: "Tutti gli altri ringraziamenti", li "lascio nel cuore davanti a Dio stesso, perché è difficile esprimerli". Il Papa conclude questa parte del suo testamento ripetendo per il funerale le stesse disposizioni date da Paolo VI: la tumulazione nella nuda terra. A queste righe scritte nel 1979, aggiunge una chiosa nel 1990: "Dopo la morte chiedo Sante Messe e preghiere".
La seconda delle sette cartelle si apre con una dichiarazione senza data. In essa il Papa esprime fiducia che, malgrado tutta la sua debolezza, il Signore gli "concederà ogni grazia necessaria per affrontare secondo la Sua volontà qualsiasi compito, prova e sofferenza che vorrà richiedere dal Suo servo, nel corso della vita. Ho anche fiducia - aggiunge - che non permetterà mai che, mediante qualche mio atteggiamento, parole, opere o omissioni, possa tradire i miei obblighi in questa santa Sede Petrina".
Tra la fine del febbraio e il primo marzo 1980, il Papa si sofferma a riflettere sulla morte in relazione alla "verità del sacerdozio di Cristo". Rilegge quanto scritto in precedenza, paragonandolo con quanto scritto da Paolo VI - "con quella sublime testimonianza sulla morte di un cristiano e di un Papa", scrive - e aggiunge una riflessione sull'importanza di essere "pronto a presentarsi davanti al Signore e al Giudice - e contemporaneamente Redentore e Padre".
Giovanni Paolo II lo fa anch'egli "continuamente", afferma, "affidando quel momento decisivo alla Madre di Cristo e della Chiesa - alla Madre della mia speranza". "I tempi, nei quali viviamo, sono indicibilmente difficili e inquieti", osserva. "Difficile e tesa è diventata anche la via della Chiesa, prova caratteristica di questi tempi - tanto per i Fedeli, quanto per i Pastori".
In alcuni Paesi, riflette il Papa, "la Chiesa si trova in un periodo di persecuzione tale, da non essere inferiore a quelle dei primi secoli, anzi li supera per il grado della spietatezza e dell'odio".
Dopo queste righe, Giovanni Paolo II afferma: "Desidero ancora una volta totalmente affidarmi alla grazia del Signore. Egli stesso deciderà quando e come devo finire la mia vita terrena e il ministero pastorale". Ribadisce, "nella vita e nella morte" il "Totus tuus mediante l'Immacolata". Esprime due speranze: che "accettando già ora questa morte", Cristo gli conceda la "grazia per l'ultimo passaggio", la sua "Pasqua". E inoltre, che "renda utile" l'ultimo transito anche per quella "più importante causa" alla il Pontefice cerco di servire: "La salvezza degli uomini, la salvaguardia della famiglia umana, e in essa di tutte le nazioni e dei popoli". Una morte "utile per le persone che in modo particolare mi ha affidato, per la questione della Chiesa, per la gloria dello stesso Dio".
Nel marzo del 1982, Giovanni Paolo II riprende la scrittura del suo testamento spirituale. Rilegge quanto scritto nel 1979. Annota di considerarlo provvisorio, ma sceglie per il momento di non cambiare né di aggiungere nulla. "L'attentato alla mia vita il 13.V.1981 - scrive - in qualche modo ha confermato l'esattezza delle parole scritte nel periodo degli esercizi spirituali del 1980. Tanto più profondamente sento che mi trovo totalmente nelle mani di Dio - e resto continuamente a disposizione del mio Signore, affidandomi a Lui nella Sua Immacolata Madre".
Un'annotazione, sempre del marzo del 1982, si riferisce esplicitamente alla questione dei suoi funerali, chiarendo quanto scritto nel marzo del 1979. Chiede al collegio cardinalizio di "soddisfare in quanto possibile le eventuali domande" in merito del "Metropolita di Cracovia" o del "Consiglio Generale dell'Episcopato della Polonia". In un'ulteriore annotazione, risalente al primo marzo 1985, aggiunge: "Il collegio cardinalizio non ha nessun obbligo di interpellare su questo argomento 'i Connazionali'; può tuttavia farlo, se per qualche motivo lo riterrà giusto".
Dopo questa parentesi di riflessioni degli anni Ottanta, Giovanni Paolo II completa il testamento con gli esercizi spirituali del marzo del 2000, durante il Giubileo. "Quando nel giorno 16 ottobre 1978, il Conclave dei cardinali mi scelse - scrive - il Primate della Polonia, il cardinale Wyszynski, mi disse: "Il compito del nuovo Papa sarà di introdurre la Chiesa nel terzo millennio".
A questo ricordo fa seguire una considerazione: "Secondo i disegni della Provvidenza, afferma, "mi è stato dato di vivere in un difficile secolo: in modo particolare sia lode alla Provvidenza Divina per questo, che il periodo della così detta 'guerra fredda' è finito senza il violento conflitto nucleare, di cui pesava sul mondo il pericolo nel periodo precedente".
A questo punto, Giovanni Paolo II torna con la memoria al 13 maggio 1981, il giorno dell'attentato in piazza San Pietro. "La Divina Provvidenza - scrive - mi ha salvato in modo miracoloso dalla morte. Colui che è unico Signore della vita e della morte, Lui stesso mi ha prolungato questa vita, in un certo modo me l'ha donata di nuovo. Da questo momento essa ancora di più appartiene a Lui. Spero che Egli mi aiuterà a riconoscere fino a quando devo continuare questo servizio, al quale mi ha chiamato. Gli chiedo di volermi richiamare quando Egli stesso vorrà. Nella vita e nella morte apparteniamo al Signore [...] siamo del Signore". Spero anche - aggiunge Giovanni Paolo II - che fino a quando mi sarà donato di compiere il servizio petrino nella Chiesa, la Misericordia di Dio voglia prestarmi le forze necessarie per questo servizio".
Il Papa esprime poi "gratitudine" allo Spirito Santo per il grande dono del Concilio Vaticano II, al quale - dice - "insieme con l'intera Chiesa mi sento debitore". Sono convinto che ancora a lungo sarà dato alle nuove generazioni di attingere alle ricchezze che questo Concilio del XX secolo ci ha elargito. Come vescovo che ha partecipato all'evento conciliare dal primo all'ultimo giorno, desidero affidare questo grande patrimonio a tutti coloro che sono e saranno in futuro chiamati a realizzarlo. Giovanni Paolo II ringrazia tutti quelli che lo hanno aiutato durante il suo pontificato, non solo i cattolici. "Anche tanti Fratelli cristiani, il rabbino di Roma e così numerosi rappresentanti delle religioni non cristiane", scrive. "E quanti rappresentanti del mondo della cultura, della scienza, della politica, dei mezzi di comunicazione sociale".
A misura che si avvicina il limite della mia vita terrena, conclude Giovanni Paolo II, "ritorno con la memoria all'inizio, ai miei genitori, al fratello e alla sorella (che non ho conosciuto, perché morì prima della mia nascita), alla parrocchia di Wadowice, dove sono stato battezzato, a quella città del mio amore, ai coetanei, compagne e compagni della scuola elementare, del ginnasio, dell'università, fino ai tempi dell'occupazione, quando lavorai come operaio. A tutti voglio dire uno sola cosa: "Dio vi ricompensi".
Una foto del pontefice


I NUMERI DI PAPA WOJTYLA

Il pontificato di Giovanni Paolo II è stato uno dei più lunghi della storia della Chiesa (secondo solo a quello di san Pietro e del beato Pio IX). In tale periodo si annovera la caduta di taluni regimi, alla quale ha egli stesso contribuito. Allo scopo di annunciare il Vangelo ha compiuto molti viaggi in varie Nazioni, esercitando il ministero petrino con instancabile spirito missionario, dedicando tutte le sue energie sospinto dalla sollicitudo omnium ecclesiarum e dalla carità aperta all'umanità intera. Il suo amore per i giovani lo ha spinto ad iniziare le Giornate Mondiali della Gioventù, convocando milioni di giovani in varie parti del mondo.
Nel suo pontificato Giovanni Paolo II ha compiuto 146 visite pastorali in Italia e, come vescovo di Roma, ha visitato 317 delle attuali 333 parrocchie romane. I viaggi apostolici nel mondo - espressione della costante sollecitudine pastorale del successore di Pietro per tutte le Chiese - sono stati 104.
Tra i documenti principali si ricordano 14 Encicliche, 15 Esortazioni apostoliche, 11 Costituzioni apostoliche e 45 Lettere apostoliche.
Ha celebrato 147 cerimonie di beatificazione - nelle quali ha proclamato 1.338 beati - e 51 canonizzazioni, elevando agli altari 482 santi. Ha tenuto 9 concistori, in cui ha creato 231 (+ 1 in pectore ) cardinali, ampliandone di molto il numero complessivo, e presieduto anche 6 riunioni plenarie del Collegio Cardinalizio.
Dal 1978 fino alla morte, ha convocato 15 assemblee del Sinodo dei Vescovi: 7 generali ordinarie (1980, 1983, 1987, 1990; 1994, 2001, 2003), 1 assemblea generale straordinaria (1985) e 8 assemblee speciali (1980, 1991, 1994, 1995, 1997, 1998 [2] e 1999). Ha eretto numerose Diocesi e Circoscrizioni, in particolare nell'est europeo.
Nessun papa si è accostato alle folle come ha fatto Giovanni Paolo II: alle Udienze generali del mercoledì (oltre 1.160) hanno partecipato più di 17 milioni e 600.000 pellegrini, senza contare le udienze speciali e le cerimonie religiose (più di 8 milioni di pellegrini solo nel corso del Grande Giubileo dell'anno 2000), non dimenticando neppure i milioni di fedeli incontrati nel corso delle visite pastorali in Italia e nel mondo; numerose anche le personalità governative ricevute: basti ricordare le 38 visite ufficiali e le altre 738 udienze e incontri con capi di Stato, e le 246 udienze e incontri con Primi Ministri.
Ha promosso con successo il dialogo con gli ebrei e con i rappresentanti delle altre religioni, convocandoli talvolta in incontri di preghiera per la pace, specialmente in Assisi.
Ha riformato i Codici di Diritto Canonico Occidentale ed Orientale, ha creato nuove Istituzioni e riordinato la Curia Romana. Come sacerdos magnus ha esercitato il ministero liturgico nella Diocesi di Roma e in tutto l'orbe, in piena fedeltà al Concilio Vaticano II. Ha promosso in modo esemplare la vita e la spiritualità liturgica e la preghiera contemplativa, specialmente l'adorazione eucaristica e la preghiera del santo Rosario.
Sotto la sua guida la Chiesa ha varcato il terzo millennio e ha celebrato il Grande Giubileo del 2000, secondo le linee indicate con la Lettera apostolica Tertio millennio adveniente , ricevendo quindi nuova linfa con la Lettera apostolica Novo millennio ineunte , nella quale si mostrava ai fedeli il cammino del tempo futuro.
Con l'Anno della Redenzione, l'Anno Mariano e l'Anno dell'Eucaristia, ha promosso il rinnovamento spirituale della Chiesa. Ha dato un impulso straordinario alle canonizzazioni e beatificazioni, per mostrare innumerevoli esempi della santità di oggi, che fossero di incitamento agli uomini del nostro tempo.
Custode del deposito della fede, egli si è adoperato con sapienza e coraggio a promuovere la dottrina cattolica, teologica, morale e spirituale, e a contrastare durante tutto il suo pontificato tendenze contrarie alla genuina tradizione della Chiesa.
Con il suo insegnamento Giovanni Paolo II ha confermato e illuminato il popolo di Dio sulla dottrina teologica (soprattutto nelle prime tre grandi Encicliche - Redemptor hominis, Dives in misericordia, Dominum et vivificantem ), antropologica e sociale (Encicliche Laborem exercens, Sollicitudo rei socialis, Centesimus annus ), morale (Encicliche Veritatis splendor, Evangelium vitae ), ecumenica (Enciclica Ut unum sint ), missiologica (Enciclica Redemptoris missio ), mariologica (Enciclica Redemptoris Mater ). Egli ha promulgato il Catechismo della Chiesa Cattolica , alla luce della tradizione, autorevolmente interpretata dal Concilio Vaticano II. Il suo magistero è culminato nell'Enciclica Ecclesia de Eucharistia e nella Lettera apostolica Mane nobiscum Domine , durante l'Anno dell'Eucaristia.
Giovanni Paolo II ha lasciato a tutti una testimonianza mirabile di pietà, di vita santa e di paternità universale, consegnando ai posteri una Chiesa più coraggiosa che guarda con serenità al passato, nell'ottica della purificazione della memoria fortemente promossa dallo stesso pontefice, e proiettata nel Terzo Millennio e alla sue sfide.

LA TRASLAZIONE DELLA SALMA

Il trasferimento del corpo di Giovanni Paolo II dalla Sala Clementina alla basilica vaticana si è svolto lunedì 4 aprile 2005 alle ore 17, in ottemperanza a quanto deciso da una prima congregazione cardinalizia tenutasi nella sala del Bologna.
Dopo un momento di preghiera, presieduta dal Camerlengo, il corpo del Papa, avvolto nella casula rossa, la mitria bianca sul capo, è stato sollevato dai 12 sediari pontifici e portato a spalla verso la basilica di San Pietro. Il segretario del Papa, monsignor Stanislaw Dziwisz, ha seguito il feretro di Karol Wojtyla, con i membri della famiglia pontificia e i cardinali.
Tra la folla di fedeli che fin dalle prime ore del mattino del giorno precedente era assiepata in piazza San Pietro e lungo via della Conciliazione, un intenso silenzio, carico di emozione, che si è sciolto in un lungo affettuoso applauso quando Giovanni Paolo II, varcato il Portone di bronzo, ha attraversato per l'ultima volta piazza San Pietro. Prima dell'ingresso in basilica, ancora una sosta sul sagrato, con i sediari che hanno esposto il corpo del Pontefice rivolto ai fedeli in piazza, molti dei quali, con il volto rigato dal pianto, hanno invocato il nome di Giovanni Paolo II.
Infine, l'ingresso in basilica e la deposizione ai piedi dell'altare maggiore, davanti al baldacchino del Bernini. Qui, il cardinale Somalo ha benedetto con l'acqua santa e l'incenso la salma di Giovanni Paolo II, prima di celebrare alla presenza di centinaia di sacerdoti la Liturgia della Parola. In San Pietro il cardinale Martínez ha presieduto la liturgia della parola terminata la quale è cominciato l'omaggio dei fedeli.
Il corpo di papa Wojtyla è portato in processione verso la basilica di San Pietro


L'OMAGGIO DEI FEDELI E LE REAZIONI DEL MONDO

La folla che si è recata a omaggiare il Pontefice è difficilmente quantificabile, sebbene stime approssimative parlino di circa 3 milioni di persone che dalle 17 del 4 aprile 2005 alle 22 del 6 hanno ininterrottamente atteso in coda e sfilato sino alla basilica di San Pietro.
Giovanni Paolo II è stato pianto da moltissimi cattolici nel mondo, e anche da molti non cattolici.
Molti leader mondiali hanno espresso le loro condoglianze: * In Argentina gli studenti hanno osservato qualche minuto di silenzio il primo giorno dopo la morte del Papa; il presidente dell'Argentina Nestor Kirchner ha dichiarato "Milioni di persone hanno pianto Giovanni Paolo II, i suoi insegnamenti ci seguiranno per tutta la vita, per sempre."
* il primo ministro australiano John Howard ha affermato che Papa Giovanni Paolo II dovrebbe essere ricordato come un combattente per la libertà contro il comunismo e un grande leader cristiano.
* In Brasile, il più grande paese cattolico al mondo, il presidente Luiz Inácio Lula da Silva ha espresso tutta la tristezza del popolo brasiliano.
* Il primo ministro del Canada Paul Martin ha detto che "Per un quarto di secolo Papa Giovanni Paolo II fu un simbolo di amore e fede, pace e pietà [...]. La nostra tristezza di oggi è la stessa tristezza di tutto il mondo".
* In Cile il governo ha dichiarato un periodo di 3 giorni di lutto nazionale. Il Presidente Ricardo Lagos ha commentato che "...Giovanni Paolo II non sarà lontano da noi. Il suo nome è parte della nostra storia, il suo pensiero sarà di ispirazione per costruire un paese più giusto ed un mondo più pacifico per tutti noi".
* Il presidente Colombiano Alvaro Uribe Velez ha decretato che le bandiere sugli edifici governativi e delle ambasciate siano poste a mezz'asta per due giorni. Il presidente, dal canto suo, ha stigmatizzato le ultime battaglie del Papa per la pace nel mondo.
* Le autorità cubane hanno concesso eccezionalmente al cardinale Jaime Ortega di rendere una dichiarazione pubblica sulla televisione di Stato: "Questo è un uomo che ha portato su di se il peso morale del mondo per 26 anni [...] trasformandosi nell'unico referente morale dell'umanità negli ultimi anni di guerra e difficoltà".
* Il primo ministro indiano Dr. Manmohan Singh ha sottoscritto il libro di condoglianze all'ambasciata vaticana a Nuova Delhi. Il governo indiano ha proclamato tre giorni di lutto.
* Nel Regno Unito, la regina ha espresso "profondo dolore" per la morte di Giovanni Paolo II e ricordato i suoi sforzi per promuovere la pace in tutto il mondo. Il primo ministro inglese Tony Blair ha detto che il mondo ha perso una guida religiosa che "era riverito dai popoli di ogni fede come da quelli che non ne hanno alcuna".
* Le bandiere in cima alla Casa Bianca e ad altri edifici pubblici negli Stati Uniti sono state ammezzate fino al tramonto il giorno della sepoltura di Giovanni Paolo II. Il presidente George W. Bush ha espresso il suo cordoglio per la morte di un "campione della libertà umana", una "ispirazione per milioni di americani" e un "eroe nei secoli".
Molti Paese hanno dichiarato alcuni giorni di lutto: Germania e Francia hanno ordinato bandiere a mezz'asta; Spagna, Albania, Bosnia Erzegovina e Perù hanno proclamato un giorno di lutto nazionale, tre giorni per Italia, Portogallo, Croazia, Bolivia, Haiti, Timor Est, due giorni per il Kosovo. A Cracovia, una folla di 60.000 persone ha vegliato in preghiera prima dei funerali pontifici.

IL RITO DELLA DEPOSIZIONE DELLA SALMA NELLA BARA

L'8 aprile 2005, nei minuti immediatamente precedenti l'inizio della solenne messa esequiale, all'interno della basilica di San Pietro la salma di Giovanni Paolo II è stata deposta nella bara, durante un breve rito ricco di richiami liturgici e spirituali.
Una semplice bara in legno di cipresso, segno della povera maestà del servo dei servi di Dio. Dopo i giorni dello sterminato e affettuoso omaggio dei fedeli, accorsi da ogni angolo del pianeta per tributare la propria gratitudine al Papa, le spoglie mortali di Giovanni Paolo II sono state celate per sempre alla vista e rinchiuse nella bara, accompagnate da alcuni simboli del suo ministero: una borsa con le medaglie coniate durante il pontificato e il "rogito", una pergamena sigillata in un tubo di piombo che reca scritta in latino una breve biografia del Papa scomparso.
Alla cerimonia, presieduta dal cardinale Camerlengo, Eduardo Martinez Somalo, erano presenti anche i cardinali a capo del loro ordine di appartenza, il cardinale arciprete della basilica vaticana, Francesco Marchisano, il cardinale già segretario di Stato, Angelo Sodano, il cardinale vicario per la Diocesi di Roma, Camillo Ruini, il sostituto della segreteria di Stato, l'arcivescovo Leonardo Sandri, il prefetto della Casa Pontificia, l'arcivescovo James Michael Harvey, l'elemosiniere del Sommo Pontefice, l'arcivescovo Oscar Rizzato, il vice Camerlengo, una rappresentanza dei canonici della basilica di San Pietro e il segretario del Sommo Pontefice, l'arcivescovo Stanislaw Dziwisz.
Dopo la lettura e la firma del rogito da parte dei presenti, c'è stato il momento forse più suggestivo: i monsignori Marini e Dziwisz hanno steso sul volto di Giovanni Paolo II un velo di seta bianco, un segno della luce divina alla cui presenza è ora chiamato il volto del Papa. "Il suo volto, che viene sottratto alla nostra vista - recita l'ultima delle antifone pronunciate in quel momento - contempli la tua bellezza e raccomandi il suo gregge a te, eterno Pastore, che vivi e regni nei secoli dei secoli".

GIOVANNI PAOLO II TESTIMONE DI UNA VITA SANTA. COSÌ, IL ROGITO DEPOSTO NELLA BARA

Giovanni Paolo II ha lasciato una testimonianza di "vita santa": è quanto si legge nel "rogito per il pio transito di sua Santità Giovanni Paolo II", la breve biografia in latino del Papa, deposta nella bara del Santo Padre. Il documento è stato letto da monsignor Piero Marini, maestro delle celebrazioni liturgiche, prima della deposizione delle spoglie mortali del Papa. Il rogito sintetizza le date fondamentali del lungo pontificato di Papa Wojtyla e si sofferma su alcuni aspetti che hanno caratterizzato il ministero petrino di Giovanni Paolo II.
"Giovanni Paolo II ha lasciato a tutti una testimonianza mirabile di pietà, di vita santa e di paternità universale", sono le ultime parole del rogito del Pontefice. "La sua memoria - si legge nel documento - rimane nel cuore della Chiesa e dell'intera umanità". "Custode del deposito della fede", Giovanni Paolo II "si è adoperato con sapienza e coraggio a promuovere la dottrina cattolica, teologica, morale e spirituale e a contrastare durante tutto il suo pontificato tendenze contrarie alla genuina tradizione della Chiesa".
Negli anni del pontificato, prosegue, si sono "visti molti mutamenti". Tra questi, "la caduta di taluni regimi, alla quale egli stesso contribuì". Si ricordano poi i molti viaggi in varie nazioni per annunciare il Vangelo.
Papa Wojtyla "ha esercitato il ministero petrino con instancabile spirito missionario, dedicando tutte le energie sospinto dalla sollicitudo omnium ecclesiarum e dalla carità aperta all'umanità intera". Più di ogni suo predecessore, rimarca il rogito, "ha incontrato il popolo di Dio e i responsabili delle nazioni". E "ha promosso con successo il dialogo con gli ebrei e con i rappresentanti delle altre religioni".
Con la proclamazione degli Anni della Redenzione, Mariano e dell'Eucaristia "ha promosso il rinnovamento spirituale della Chiesa".
Il Papa ha anche dato "un impulso straordinario alle canonizzazioni e beatificazioni, per mostrare innumerevoli esempi della santità di oggi, che fossero di incitamento agli uomini del nostro tempo". Si mette inoltre l'accento sulle riforme dei codici di diritto canonico e della curia romana.
D'altra parte, "ha promosso in modo esemplare la vita e la spiritualità liturgica e la preghiera contemplativa" specie l'adorazione eucaristica e la preghiera del rosario. "Con il suo insegnamento - sottolinea infine il rogito - Giovanni Paolo II ha confermato e illuminato il Popolo di Dio".

I POTENTI DELLA TERRA A OMAGGIARE IL GRANDE PAPA

Le esequie di Giovanni Paolo II si sono svolte sul sagrato della basilica patriarcale di San Pietro, officiate dal decano del collegio cardinalizio Joseph Ratzinger. Con questo rito, la Chiesa manifesta la sua fede nella vittoria di Cristo sulla morte.
Poggiata a terra, al centro del sagrato davanti all'altare, la semplice bara in cipresso dove riposano le spoglie mortali del Papa. Sul feretro, il Libro del Vangelo aperto affinché il vento sfogli le pagine. È il messaggio di salvezza che Giovanni Paolo II ha annunciato per le vie del mondo, spingendosi sino alle terre più lontane.
L'emozione in tutta la piazza è palpabile soprattutto quando poco prima della colletta e della liturgia della parola il vento attraversa il sagrato e sfoglia le pagine dei Vangeli sino a chiudere con un ultimo soffio la copertina.
Kofi Annan è tra i primi del settore autorità ad arrivare: il segretario generale delle Nazioni Unite prende posto e sembra aprire il cerchio che i potenti stringeranno intorno a Giovanni Paolo II per l'ultimo saluto. Un cerchio parallelo a quello di tanti semplici fedeli, molti dei quali con le bandiere delle rispettive nazionalità: tutti fanno la geografia di un omaggio al Papa che ha percorso tante e tante strade del mondo.
Oltre alla delegazione della Polonia, guidata dal presidente Kwasniewski e dal primo ministro Belka, c'è un atlante umano a ricordarci i moltissimi Paesi dove Giovanni Paolo II è andato in visita pastorale. È un atlante al più alto livello ipotizzabile: capi di Stato e di governo, sovrani. E nel caso degli Stati Uniti, non c'è solo Bush ma il suo predecessore Clinton e Bush padre. E c'è anche lo sfidante sconfitto Kerry e il senatore Ted Kennedy. Ed è un atlante particolarissimo dove Paesi fisicamente lontani e soprattutto politicamente distanti si ritrovano figurati in leader seduti quasi gomito a gomito: durante i funerali del Papa, il presidente israeliano Katsav ha stretto la mano per la prima volta al presidente siriano Bashar Assad e al capo dello stato iraniano Mohammad Khatami.
Accanto al francese Chirac e al capo del governo tedesco Schröder, tra i leader europei più esposti nel chiedere a Damasco il ritiro dal Libano, c'è il presidente siriano al Assad.
Inoltre, pensando alla diversità della realtà sociale e politica di alcuni Paesi musulmani, l'occhio passa dal premier palestinese Abu Ala al presidente dell'Afghanistan Karzai, al re di Giordania Abdallah, con la regina Ranja.
Il re di Spagna Juan Carlos e la regina Sofia seguiti dal premier José Luís Zapatero, e il principe Carlo di Inghilterra con il premier britannico Tony Blair. E il pensiero va al ritiro spagnolo dall'Iraq voluto dal nuovo governo con una presa di posizione netta nei confronti di USA e Gran Bretagna.
Tra i tanti italiani, il presidente della Repubblica, Ciampi, il capo del governo, Berlusconi, e il leader dell'opposizione, Prodi, ma anche ministri, parlamentari e vertici della Banca d'Italia e della Corte costituzionale. E poi i volti, molto meno familiari per le strade di Roma, del presidente ucraino Yushenko o del presidente brasiliano Lula.
Restano le assenze: non c'è il presidente russo Putin e manca totalmente una delegazione cinese. Pechino ha fatto capire che era troppo pensare di sedere accanto a Taiwan.
Significativa anche la vicinanza di tante autorità di diverse confessioni religiose. Ma alla presenza di Chiese, comunità, religioni diverse lo stesso Giovanni Paolo II aveva in qualche modo abituato il nostro occhio: sue le iniziative più forti di incontro e ecumenismo. Certamente, di particolare, c'è la spontaneità con cui i rappresentanti religiosi hanno voluto esserci. E nuovo è anche il nostro sguardo sul rabbino Toaff che ora sappiamo citato dal Papa nel suo testamento.
Presidenti ed ex presidenti degli Stati Uniti rendono maggio alla salma del papa


L'OMELIA DEL DECANO RATZINGER

Dopo le due letture, pronunciate rispettivamente in spagnolo e in inglese, segue la proclamazione del Vangelo e l'omelia del decano: Ratzinger evoca i momenti salienti della vita del defunto Pontefice scanditi da una parola chiave "Seguimi": "Seguimi dice il Signore risorto a Pietro, come sua ultima parola a questo discepolo, scelto per pascere le sue pecore [...] questa parola lapidaria di Cristo può essere considerata la chiave per comprendere il messaggio che viene dalla vita del nostro compianto ed amato Papa Giovanni Paolo II, le cui spoglie deponiamo oggi nella terra come seme di immortalità - il cuore pieno di tristezza, ma anche di gioiosa speranza e di profonda gratitudine[...]. Seguimi - da giovane studente Karol Wojtyla era entusiasta della letteratura, del teatro, della poesia. Lavorando in una fabbrica chimica, circondato e minacciato dal terrore nazista, ha sentito la voce del Signore: Seguimi! In questo contesto molto particolare cominciò a leggere libri di filosofia e di teologia, entrò poi nel seminario clandestino creato dal cardinale Sapieha e dopo la guerra poté completare i suoi studi nella facoltà teologica dell'Università Jaghellonica di Cracovia.
Tante volte nelle sue lettere ai sacerdoti e nei suoi libri autobiografici ci ha parlato del suo sacerdozio, al quale fu ordinato il 1° novembre 1946. In questi testi interpreta il suo sacerdozio in particolare a partire da tre parole del Signore. Innanzitutto questa: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga" (Gv 15, 16). La seconda parola è: "Il buon pastore offre la vita per le pecore" (Gv 10, 11). E finalmente: "Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore" (Gv 15, 9). In queste tre parole vediamo tutta l'anima del nostro Santo Padre. È realmente andato ovunque ed instancabilmente per portare frutto, un frutto che rimane.
Alzatevi, andiamo!, è il titolo del suo penultimo libro. Con queste parole ci ha risvegliato da una fede stanca, dal sonno dei discepoli di ieri e di oggi. "Alzatevi, andiamo!" dice anche oggi a noi. Il Santo Padre è stato poi sacerdote fino in fondo, perché ha offerto la sua vita a Dio per le sue pecore e per l'intera famiglia umana, in una donazione quotidiana al servizio della Chiesa e soprattutto nelle difficili prove degli ultimi mesi.
Così è diventato una sola cosa con Cristo, il buon pastore che ama le sue pecore. E infine "rimanete nel mio amore": Il Papa che ha cercato l'incontro con tutti, che ha avuto una capacità di perdono e di apertura del cuore per tutti, ci dice, anche oggi, con queste parole del Signore: Dimorando nell'amore di Cristo impariamo, alla scuola di Cristo, l'arte del vero amore.
Seguimi! Nel luglio 1958 comincia per il giovane sacerdote Karol Wojtyla una nuova tappa nel cammino con il Signore e dietro il Signore. Karol si era recato come di solito con un gruppo di giovani appassionati di canoa ai laghi Masuri per una vacanza da vivere insieme. Ma portava con sé una lettera che lo invitava a presentarsi al Primate di Polonia, cardinale Wyszynski e poteva indovinare lo scopo dell'incontro: la sua nomina a vescovo ausiliare di Cracovia. Lasciare l'insegnamento accademico, lasciare questa stimolante comunione con i giovani, lasciare il grande agone intellettuale per conoscere ed interpretare il mistero della creatura uomo, per rendere presente nel mondo di oggi l'interpretazione cristiana del nostro essere - tutto ciò doveva apparirgli come un perdere se stesso, perdere proprio quanto era divenuto l'identità umana di questo giovane sacerdote. Seguimi - Karol Wojtyla accettò, sentendo nella chiamata della Chiesa la voce di Cristo. E si è poi reso conto di come è vera la parola del Signore: "Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece l'avrà perduta la salverà" (Lc 17, 33). Il nostro Papa - lo sappiamo tutti - non ha mai voluto salvare la propria vita, tenerla per sé; ha voluto dare se stesso senza riserve, fino all'ultimo momento, per Cristo e così anche per noi.
Proprio in tal modo ha potuto sperimentare come tutto quanto aveva consegnato nelle mani del Signore è ritornato in modo nuovo: l'amore alla parola, alla poesia, alle lettere fu una parte essenziale della sua missione pastorale e ha dato nuova freschezza, nuova attualità, nuova attrazione all'annuncio del Vangelo, proprio anche quando esso è segno di contraddizione.
Seguimi! Nell'ottobre 1978 il cardinale Wojtyla ode di nuovo la voce del Signore. Si rinnova il dialogo con Pietro riportato nel Vangelo di questa celebrazione: "Simone di Giovanni, mi ami? Pasci le mie pecorelle! " Alla domanda del Signore: Karol mi ami?, l'arcivescovo di Cracovia rispose dal profondo del suo cuore: "Signore, tu sai tutto: Tu sai che ti amo". L'amore di Cristo fu la forza dominante nel nostro amato Santo Padre; chi lo ha visto pregare, chi lo ha sentito predicare, lo sa. E così, grazie a questo profondo radicamento in Cristo ha potuto portare un peso, che va oltre le forze puramente umane: essere pastore del gregge di Cristo, della sua Chiesa universale. Non è qui il momento di parlare dei singoli contenuti di questo pontificato così ricco.
Vorrei solo leggere due passi della liturgia di oggi, nei quali appaiono elementi centrali del suo annuncio. Nella prima lettura dice san Pietro - e dice il Papa con san Pietro - a noi: "In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto. Questa è la parola che egli ha inviato ai figli d'Israele, recando la buona novella della pace, per mezzo di Gesù Cristo, che è Signore di tutti" (At 10, 34-36). E, nella seconda lettura, san Paolo - e con san Paolo il nostro Papa defunto - ci esorta ad alta voce: "Fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete saldi nel Signore così come avete imparato, carissimi" (Fil 4, 1).
Seguimi! Insieme al mandato di pascere il suo gregge, Cristo annunciò a Pietro il suo martirio. Con questa parola conclusiva e riassuntiva del dialogo sull'amore e sul mandato di pastore universale, il Signore richiama un altro dialogo, tenuto nel contesto dell'ultima cena. Qui Gesù aveva detto: "Dove vado io voi non potete venire". Disse Pietro: "Signore, dove vai? ". Gli rispose Gesù: "Dove io vado per ora tu non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi" (Gv 13, 33.36). Gesù dalla cena va alla croce, va alla risurrezione - entra nel mistero pasquale; Pietro ancora non lo può seguire. Adesso - dopo la risurrezione - è venuto questo momento, questo "più tardi". Pascendo il gregge di Cristo, Pietro entra nel mistero pasquale, va verso la croce e la risurrezione. Il Signore lo dice con queste parole: "quando eri più giovane [...] andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi" (Gv 21, 18).
Nel primo periodo del suo pontificato il Santo Padre, ancora giovane e pieno di forze, sotto la guida di Cristo andava fino ai confini del mondo. Ma poi sempre più è entrato nella comunione delle sofferenze di Cristo, sempre più ha compreso la verità delle parole: "Un altro ti cingerà". E proprio in questa comunione col Signore sofferente ha instancabilmente e con rinnovata intensità annunciato il Vangelo, il mistero dell'amore che va fino alla fine (cf Gv 13, 1)."
E conclude infine Ratzinger: "Per tutti noi rimane indimenticabile come in questa ultima domenica di Pasqua della sua vita, il Santo Padre, segnato dalla sofferenza, si è affacciato ancora una volta alla finestra del Palazzo Apostolico ed un'ultima volta ha dato la benedizione Urbi et orbi. Possiamo essere sicuri che il nostro amato Papa sta adesso alla finestra della casa del Padre, ci vede e ci benedice. Sì, ci benedica, Santo Padre. Noi affidiamo la tua cara anima alla Madre di Dio, tua Madre, che ti ha guidato ogni giorno e ti guiderà adesso alla gloria eterna del Suo Figlio, Gesù Cristo nostro Signore. Amen".
L’aspersione della salma di Karol Wojtyla impartita da Joseph Ratzinger


ULTIMA COMMENDACTIO E VALEDICTIO

All'orazione dopo la comunione segue Ultima Commendactio e la Valedictio durante la quale il decano con gli altri concelebranti affida alla misericordia divina l'anima del Pontefice, affinché riscattato dalla morte possa essere accolto nella pace e il suo corpo resusciti nell'ultimo giorno.
Il cardinale vicario della Chiesa di Roma si è recato quindi presso il feretro accompagnato dalle litanie dei santi, terminate le quali Ruini ha concluso la supplica con un'orazione. A Ruini succedono i patriarchi, gli arcivescovi maggiori e i metropoliti delle Chiese metropolitane "sui iuris" cattoliche; il decano infine asperge con l'acqua benedetta la salma e la incensa. A tale punto il feretro viene sollevato per la processione finale intonando il Magnificat: i chierici e gli inservienti si avviano verso la basilica recando una croce astile e due candelieri; in prossimità del portone ruotano ancora la bara verso la folla per l'estremo saluto da parte della piazza, accompagnano il feretro il Camerlengo, i cardinali capi d'ordine, il cardinale arciprete della basilica vaticana, il cardinale già segretario di Stato, il cardinale vicario di Roma, il sostituto della segreteria di Stato, il prefetto della Casa Pontificia, il vice Camerlengo, una rappresentanza dei canonici vaticani, i familiari del Sommo Pontefice defunto.
Presiede questa parte della celebrazione esequiale, che culmina poi nella tumulazione della salma, il cardinale Camerlengo: le spoglie del Sommo Pontefice sono state portate dalla basilica vaticana nelle grotte vaticane attraverso la porta detta di Santa Marta.
La cassa di legno di cipresso è stata legata con nastri rossi, sui quali sono stati impressi i sigilli della Camera Apostolica, della prefettura della Casa Pontificia, dell'ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice e del capitolo vaticano. Quindi è stata collocata in un'ulteriore cassa di legno di rovere zincata, che immediatamente è stata saldata; su di essa sono stati impressi i sigilli degli uffici suddetti.
il notaio del capitolo della basilica vaticana ha redatto l'atto autentico della tumulazione e lo ha letto di fronte ai presenti. Le visite alla tomba del Pontefice sono state autorizzate solo a partire dalle ore 7 del giorno 13 aprile.
La liturgia esequiale del Santo Padre è stata concelebrata da 157 cardinali; erano inoltre presenti 700 arcivescovi e vescovi, 3.000 prelati e sacerdoti, dei quali 300 hanno distribuito la comunione. Dietro le autorità italiane presenziavano 169 delegazioni straniere e 23 delegazioni di Chiese ortodosse e ortodosse orientali; delegazioni ed esponenti dell'ebraismo e delegazioni di religioni non-cristiane ed organizzazioni per il dialogo interreligioso.
I funerali di papa Giovanni Paolo II


La bara del Santo Padre all’uscita dalla basilica vaticana


La bara di papa Giovanni Paolo II viene condotta sul sagrato di piazza San Pietro


Il feretro del Santo Padre viene condotto nelle grotte vaticane per la tumulazione


La bara di Giovanni Paolo II nelle grotte vaticane


I NOVENDIALI IN SUFFRAGIO DI GIOVANNI PAOLO II

Così come era avvenuto in occasione della morte degli ultimi Pontefici, il collegio cardinalizio ha fissato per l'8 aprile 2005, giorno delle esequie solenni di Giovanni Paolo II, il primo giorno dei Novendiali, il complesso delle celebrazioni funebri che si susseguono nella basilica di San Pietro dal 9 aprile fino al 16 aprile.
Le otto messe di suffragio, aperte a tutti, hanno avuto tutte inizio alle ore 17 e hanno visto di volta in volta la partecipazione particolare di vari gruppi ecclesiali e della Curia, a seconda dei legami con il Papa scomparso.
La prima messa dopo le esequie è stata presieduta dall'arciprete della basilica vaticana, il cardinale Francesco Marchisano e ha interessato tutti i fedeli della Città del Vaticano.
Gli appuntamenti successivi sono stati fissati per il 13 aprile alle ore 10 - quando i cardinali hanno ricevuto nell'atrio dell'aula Paolo VI le condoglianze del Corpo diplomatico - e per il 14 aprile, quando padre Raniero Cantalamessa ha tenuto ai cardinali la prima delle due esortazioni canoniche riguardanti l'attuale situazione della Chiesa e la "scelta illuminata del nuovo Pontefice".
La seconda esortazione è stata curata dal cardinale Tomáš Špidlík il 18 aprile, giorno fissato per l'inizio del Conclave. Al mattino, è stata celebrata in San Pietro, alle 10, la solenne messa Pro eligendo romano Pontifice, quindi, alle 16.30, i cardinali elettori si sono radunati nell'aula delle Benedizioni, da dove si sono recati in processione verso la Cappella Sistina per il primo atto del Conclave.
Monsignor Sodano celebra la messa in suffragio per papa Giovanni Paolo II